Tra le molte definizioni di “periferia”, trovo particolarmente attuale ed efficace e soprattutto vicina alla mia idea, quella proposta da Renzo Piano: “Le periferie tendono a diventare i nuovi centri-non-centri del futuro. Luoghi di scambio e di attrazione per merci e idee. Periferie intese come “border-line” osmotico, di libero scambio tra etnie, religioni, culture, come “terre di qualcuno. Fabbriche non già di tolleranza (termine incline al mantenimento del potere costituito), ma di nuova convivenza”.
Siamo al Pigneto, un quartiere “oltre le mura” in cui accanto alle abitazioni dei cittadini romani troviamo le abitazioni, i luoghi di lavoro, le scuole, i luoghi di culto e gli spazi per il divertimento di una comunità, quella bengalese, fortemente radicata nel quartiere, che sta diventando un microcosmo del tutto autosufficiente dove la convivenza, e non più la sola tolleranza da parte dei romani, è la quotidianità.
Se, per i romani, il Pigneto è un quartiere di periferia, per i bengalesi di Roma è una sorta di “New Dhaka” e “oltre le mura” ci vanno quando escono dal loro microcosmo, magari proprio per andare “nel nostro” centro. Allora, “Oltre le Mura” non è più un luogo fisico, ma piuttosto una condizione mentale e sociale squisitamente soggettiva.
È una questione di punti di vista.
Tra le molte definizioni di “periferia”, trovo particolarmente attuale ed efficace e soprattutto vicina alla mia idea, quella proposta da Renzo Piano: “Le periferie tendono a diventare i nuovi centri-non-centri del futuro. Luoghi di scambio e di attrazione per merci e idee. Periferie intese come “border-line” osmotico, di libero scambio tra etnie, religioni, culture, come “terre di qualcuno. Fabbriche non già di tolleranza (termine incline al mantenimento del potere costituito), ma di nuova convivenza”.
Siamo al Pigneto, un quartiere “oltre le mura” in cui accanto alle abitazioni dei cittadini romani troviamo le abitazioni, i luoghi di lavoro, le scuole, i luoghi di culto e gli spazi per il divertimento di una comunità, quella bengalese, fortemente radicata nel quartiere, che sta diventando un microcosmo del tutto autosufficiente dove la convivenza, e non più la sola tolleranza da parte dei romani, è la quotidianità.
Se, per i romani, il Pigneto è un quartiere di periferia, per i bengalesi di Roma è una sorta di “New Dhaka” e “oltre le mura” ci vanno quando escono dal loro microcosmo, magari proprio per andare “nel nostro” centro. Allora, “Oltre le Mura” non è più un luogo fisico, ma piuttosto una condizione mentale e sociale squisitamente soggettiva.
È una questione di punti di vista.